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L’archeologo Georges Vallet e Megara Iblea

Qui sono riportati alcuni brani del libro di Geoges Vallet e Giuseppe Voza: "Dal Neolitico all’era industriale nel territorio da Augusta a Siracusa". Sono accompagnati da immagini dell'antica città fotografate il 30 ottobre 2022. In occasione delle celebrazioni ORGANIZZATE da Italia Nostra Melilli per PER IL CENTENARIO della nascita dell'archeologo Georges Vallet. Il 29 ottobre 2022
Nel 1984, Georges Vallet e Giuseppe Voza pubblicano “Dal Neolitico all’era industriale nel territorio da Augusta a Siracusa” dopo aver dedicato anni allo studio dell’insediamento miceneo di Thapsos e alla città greca di Megara Iblea. Con sole 80 pagine disegnano un chiaro percorso per gli studiosi e gli appassionati. Il libro inizia con un accenno storico antropologico, decisamente rilevante: "Zone che nei secoli sembravano apparire eterne, in una generazione si sono trasformate in un mondo inconciliabile con il passato.” Continuano con accenni che sanno tanto di modernità: “il Mediterraneo è sempre stato considerato luogo privilegiato di migrazioni da Est verso Ovest, da Nord verso Sud, di partenze spesso definitive verso altri lidi. Non è di ieri che giovani o famiglie intere, lasciando dietro di loro terre, case, molti sono partiti nella speranza di una vita migliore. Esisteva la stessa differenza fra il colono greco che arrivò nell’VIII secolo a.C e l’operaio forestiero di oggi della Montedison di Priolo Gargallo. Non si tratta qui di fare un discorso nostalgico e moralizzante ma di osservare e di ragionare in termini storici e sociologici: la stessa generazione ha visto e vissuto senza transizione il passaggio dall’asino, altrove attardato ma qui ancora ieri onnipresente, al traffico intenso e disordinato della zona industriale. Davanti a tale situazione storica ormai irreversibile va evitato in ogni modo ogni atteggiamento nostalgico che evochi le terre che hanno visto il fiorire dell’idillio antico. Non giova a niente dire che l’industrializzazione poteva assumere altre forme. La situazione è ormai quella che è e non serve lamentare un dato di fatto.

Va detto che una parte delle industrie della zona (ex Rasiom, Cementeria di Augusta) si sono impiantate proprio sulle necropoli dell’antica Megara provocando danni incalcolabili. L’Amministrazione dei Beni Culturali e Ambientali aveva difficoltà nella lotta contro i più grandi trusts del mondo. Si sono potuti difendere solo i due punti di maggior rilievo della zona che va da Augusta a Siracusa, cioè Megara Iblaea e Thapsos.
Ma questi siti, queste due isole - considerate salvate - che hanno fatto la nostra storia, a causa della industrializzazione incombente possono sembrare solo resti fossili, immobili e morti. Resta da sapere se i resti del passato sono solo oggetti di curiosità che possono interessare dilettanti alla ricerca di distrazioni per la domenica o se sono portatori di storia e se l’uomo, soprattutto nei momenti di frattura, può fare a meno della sua storia.

Passeggiando oggi sulle vecchie trazzere che la protezione del sito archeologico di Megara ha conservato nel loro aspetto di Cinquanta anni fa si nota nei muri a secco che li fiancheggiano la presenza di pietre nere che come tutte le altre pietre sono state raccolte nei campi vicini, cioè nella zona che una volta era la colonia greca. Queste pietre nere sono state trasportate qui dalle zone vulcaniche poco distantI. Nei primi tempi della colonizzazione (seconda metà dell’VIII secolo a.C.) i Megaresi si sono serviti di questa tecnica di costruzione: per le fondamenta della casa (limitata a un vano di 4/5 m. di lato) hanno usato delle specie di lastre di pietra strappate alla roccia cioè di arenaria, mentre l’alzato era fatto in pietra secca. In un secondo tempo, la tecnica a ortostrati fu abbandonata e la fondazione stessa venne fatta di pietre piccole o di blocchetti squadrati. In ogni modo possiamo dire che la stragrande maggioranza delle case di tutto il periodo erano fatte di pietra; mentre invece in altre colonie della stessa epoca di case avevano una fondazione in pietra ma l’alzato in mattoni crudi. Il fatto si spiega in funzione dell’abbondanza relativa della pietra, che in tutto il siracusano affiora dai campi.

I coloni greci hanno utilizzato l’arenaria che trovavano sul posto per le costruzioni di uso comune per le loro case mentre i monumenti erano fatti di pietra bianca cioè di calcare più fine e più compatto. Le pietre nere venivano adoperata come macina sia per il grano che per l’olivo.

Nel cortile dell’antiquarium di Megara si possono vedere numerose macine.
“Ed oggi? Gli autori interpretano così i cambiamenti
- Come non essere sbalorditi nel leggere oggi queste righe, scritte senza dubbio in buona fede che testimoniano un ritardo di più di vent’anni - Il miracolo dell’industrializzazione si era compiuto le popolazioni rispondevano alle nuove e moderne esigenze con prontezza e entusiasmo, abbandonando l’atavica contemplazione dell’antico splendore greco fonte non ultima del sottosviluppo - Esso Rivista n. 1- 2,1983 – p. 27

Negli anni difficili che abbiamo davanti a noi, passati alle ore disordinate in cui si sognava di ritrovare sulla terra ricca di storia l’atmosfera di un altro Far West, ognuno di noi deve portare nel proprio campo un suo contributo per conciliare un passato che ha avuto anch’esso le sue luci e le sue ombre con un futuro dove l’uomo possa vivere meglio; è il compito di tutti che esige la rinuncia alla polemica e alle critiche tanto facili quanto inutili. Per costruire un futuro dal volto umano per una società che ha radici come le nostre, ci vuole altro che il ferro degli impianti industriali: ci vuole la buona volontà e la disponibilità di tutti".
L’ultimo capitolo propone l’ambiente come cornice naturale del bene culturale quindi Il Museo del Territorio.

Contenuti tratti dal libro:
Dal neolitico all'era industriale (nel territorio da Augusta a Siracusa)

Autori Georges Vallet e Giuseppe Voza
Assessorato Regionale Beni Culturali e Ambientali e Pubblica Istruzione
Soprintendenza alle antichità per la Sicilia orientale
1984 Zangara stampa
Siracusa



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