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Sito Archeologico a Bona Furtuna in Contrada Castro


A mezza costa del massiccio roccioso detto Castro una collina ha rivelato, grazie a ricerche archeologiche accurate, un insediamento d’epoca alto medievale. L’azienda agricola, Bona Furtuna, composta da soci nord americani e in parte d’origine italiana, ha finanziato le ricerche e nel 2017 si è scoperta una struttura del X- XI secolo e tardo VIII-IX secolo, oltre a sepoltura del VII metà VIII e probabile muratura di età arcaica/classica VI-V secolo a.C.

Lo studio diacronico delle dinamiche ambientali e del paesaggio è coordinato scientificamente dal prof. Giuseppe Bazan (STEBI-CEF, Università di Palermo) e dal dott. Pasquale Marino (Bona Furtuna LLC) mentre le ricerche archeologiche sono state condotte sotto la direzione scientifica della Soprintendenza BB.CC.AA (dott. Stefano Vassallo, dott. Carla Aleo Nero) e coordinate sul campo dal dott. Castrorao Barba (CSIC, EEA, Granata) con la collaborazione del dott. Roberto Miccichè (Università di Palermo) e del dott. Filippo Pisciotta (Università di Palermo, Università Aix-Marseille). Lo studio dei reperti archeo-botanici è stata effettuata dalla dott.ssa Claudia Speciale (INGV, Napoli). La ricerca è stata interamente supportata dalla Bona Furtuna LLC.

Nel 2018 una seconda campagna di scavo allargando l’area precedentemente indagata. In direzione est un angolo di muratura suggeriva la presenza di un edificio datato tra la tarda età bizantina e il primo periodo islamico (IX secolo). Sono stati identificate due sepolture di defunti in età perinatale. Inoltre sono state rinvenute due fornaci per produzione di tegole e ceramiche, tardo VIII-XI secolo. Nel tempo l’edificio venne ritualizzato per altro uso. Un battuto di terra venne steso sulla prima fornace (figura 11) e l’altro adattato per cottura di pane e cucina. Nell’area sono state rinvenuti frammenti di ceramiche, brocche e anfore. Quindi l’edificio è crollato e destinato all’abbandono (IX secolo). Numerose le ceramiche ritrovate, anfore con motivi sinusoidali a cappio, ceramiche da mensa e dispensa, da fuoco, lucerne, qualche tegola, vari tipi di olle, testi da coltura in ceramica e in pietra; anche una piccola fiaschetta dipinta.

Una nuova fase costruttiva è raccontata da materiali del X e pieno XI secolo: anfore del gruppo IV di Carini e frammenti di pareti con vari motivi decorativi dipinti, tipici delle produzioni palermitane (X-XI secolo).
Il sito sembra abbandonato durante i primi decenni dell’epoca Normanna.

Analisi faunistica. Oltre 700 frammenti di reperti animali hanno rilevato la presenza di caprovini in quantità, maiali, buoi, pollame; poca rappresentata la fauna selvatica. Le analisi bio-archeologiche delineano un modello economico rurale caratterizzato dall’allevamento dei caprovini.

Sulla collinetta prospiciente l’azienda, un caseggiato rurale ben rinnovato accoglie i reperti archeologici ben ordinati e disponibili per i ricercatori.
Nella foto, Roberto Miccichè, Filippo Pisciotta, Angelo Castrorao Barba, Ludovica Virgo, Giuseppe Bazan, Pasquale Marino, Lucina Gandolfo, Rosa Maria Cucco, Carla Aleo Nero.

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